“I risultati non cadono del cielo, sono il risultato di sei anni di lavoro. La Francia si sta adattando al resto del mondo” ha detto senza mezzi termini Emmanuel Macron lanciando il progetto della fabbrica taiwanese Prologium a Dunkerque, una gigafactory che produrrà batterie solide per auto elettriche, grazie ad un investimento di 5,2 miliardi di euro. Non è un mistero: a febbraio l’UE ha trovato un equilibro affinché la regolamentazione sugli aiuti dello Stato sia allentata e la grande corsa è lanciata. La Francia ha lavorato sodo per ottenere questo risultato, presentando rapidamente un pacchetto di crediti d’imposta verdi che coprono fino al 40% dell’investimento di capitale di un’azienda in progetti eolici, solari e di altro tipo. Il cambiamento di posizione di Bruxelles è dovuto proprio alla presa di coscienza della realtà: l’Inflation Reduction Act di Washington, capace di attrare oltreoceano colossi del calibro di Wolkswagen o Stellantis nel settore della produzione di batterie, rischia di trasformare l’Europa in un deserto. La decisione europea finirà per avvantaggiare i paesi meglio posizionati in termini di debito pubblico ma consentirà all’Europa di dirigersi verso l’obietto di produrre il 90% delle batterie entro il 2030. La scelta di Parigi è chiara: trasformare una regione un tempo era un centro minerario in un polo dell’industria delle batterie automobile con la conseguente creazione di impieghi.
La grandezza fa parte della transizione ecologica, ma è anche un modo per riconquistare la competitività europea. Macron sta anche cercando di ripristinare un’immagine positiva dopo la riforma delle pensioni, con risultati in termini di industria e occupazione. Tuttavia, la Francia (169 GWh di siti esistenti o in progetto) è in ritardo rispetto alla Germania (545 GWh) e all’Ungheria (215 GWh). Gli investimenti totali della Francia superano i 7 miliardi, di cui 840 milioni di euro in finanziamenti pubblici, compresi i fondi per la ricerca e lo sviluppo. Però, il meglio potrebbe essere ancora da venire: Parigi sta corteggiando il gigante cinese BYD, che sta cercando il suo primo sito di veicoli elettrici in Europa, nonché Tesla, dopo che Elon Musk ha incontrato il Presidente francese a metà maggio. E chiaro che la Francia fa affari.
Fonte Sole 24 Ore: Alberto Annichiarico
“I risultati non cadono del cielo, sono il risultato di sei anni di lavoro. La Francia si sta adattando al resto del mondo” ha detto senza mezzi termini Emmanuel Macron lanciando il progetto della fabbrica taiwanese Prologium a Dunkerque, una gigafactory che produrrà batterie solide per auto elettriche, grazie ad un investimento di 5,2 miliardi di euro. Non è un mistero: a febbraio l’UE ha trovato un equilibro affinché la regolamentazione sugli aiuti dello Stato sia allentata e la grande corsa è lanciata. La Francia ha lavorato sodo per ottenere questo risultato, presentando rapidamente un pacchetto di crediti d’imposta verdi che coprono fino al 40% dell’investimento di capitale di un’azienda in progetti eolici, solari e di altro tipo. Il cambiamento di posizione di Bruxelles è dovuto proprio alla presa di coscienza della realtà: l’Inflation Reduction Act di Washington, capace di attrare oltreoceano colossi del calibro di Wolkswagen o Stellantis nel settore della produzione di batterie, rischia di trasformare l’Europa in un deserto. La decisione europea finirà per avvantaggiare i paesi meglio posizionati in termini di debito pubblico ma consentirà all’Europa di dirigersi verso l’obietto di produrre il 90% delle batterie entro il 2030. La scelta di Parigi è chiara: trasformare una regione un tempo era un centro minerario in un polo dell’industria delle batterie automobile con la conseguente creazione di impieghi. La grandezza fa parte della transizione ecologica, ma è anche un modo per riconquistare la competitività europea. Macron sta anche cercando di ripristinare un’immagine positiva dopo la riforma delle pensioni, con risultati in termini di industria e occupazione. Tuttavia, la Francia (169 GWh di siti esistenti o in progetto) è in ritardo rispetto alla Germania (545 GWh) e all’Ungheria (215 GWh). Gli investimenti totali della Francia superano i 7 miliardi, di cui 840 milioni di euro in finanziamenti pubblici, compresi i fondi per la ricerca e lo sviluppo. Però, il meglio potrebbe essere ancora da venire: Parigi sta corteggiando il gigante cinese BYD, che sta cercando il suo primo sito di veicoli elettrici in Europa, nonché Tesla, dopo che Elon Musk ha incontrato il Presidente francese a metà maggio. E chiaro che la Francia fa affari.
Fonte Sole 24 Ore: Alberto Annichiarico