Le forze armate italiane hanno fatto molta strada. Nel 2015, la terza economia dell’Europa continentale non destinava alle forze armate nemmeno l’1% del PIL, con un bilancio per la difesa di poco più di 13 miliardi di euro. Tuttavia, a differenza delle controparti francese e britannica, le forze armate italiane disponevano di un bilancio relativamente ampio dedicato al procurement, l’equivalente in Francia dei Programmi di Grande Effetto (PEM), che all’epoca ammontava a 4,87 miliardi di euro, mentre la Francia, ad esempio, disponeva di un bilancio di 31,4 miliardi di euro, di cui solo 5 miliardi di euro dedicati ai PEM, con uno sforzo industriale sul bilancio della difesa del 15,9% in Francia rispetto al 37,5% in Italia.
È vero che in questo settore Roma può contare su due caratteristiche specifiche del Paese. La prima riguarda la struttura del bilancio italiano, in quanto le spese per le attrezzature del Ministero della Difesa sono integrate dal Ministero dell’Industria.
Così, dei 4,87 miliardi di euro di stanziamenti per l’equipaggiamento delle forze armate nel 2015, solo 2,37 miliardi di euro sono stati pagati dal Ministero della Difesa, mentre i restanti 2,5 miliardi di euro sono stati finanziati dal Ministero dell’Industria, per sostenere l’attività industriale italiana nel settore della difesa. Se il primo punto è un indubbio vantaggio sia per le forze armate che per l’industria italiana della difesa, il secondo rappresenta un gravissimo handicap, sia oggi che in futuro. Come tutti gli eserciti professionali dell’Occidente, le forze armate italiane hanno difficoltà a reclutare.
Con poco più di 160.000 membri attivi delle forze armate, il Paese rimane proporzionalmente vicino ai 207.000 militari francesi rispetto ai suoi 60 milioni di abitanti. D’altra parte, molti di questi militari non sono disposti ad assumere incarichi impegnativi, come l’imbarco su fregate ed il dispiegamento di forze.
Fonte : Meta-defense.fr
Le forze armate italiane hanno fatto molta strada. Nel 2015, la terza economia dell’Europa continentale non destinava alle forze armate nemmeno l’1% del PIL, con un bilancio per la difesa di poco più di 13 miliardi di euro. Tuttavia, a differenza delle controparti francese e britannica, le forze armate italiane disponevano di un bilancio relativamente ampio dedicato al procurement, l’equivalente in Francia dei Programmi di Grande Effetto (PEM), che all’epoca ammontava a 4,87 miliardi di euro, mentre la Francia, ad esempio, disponeva di un bilancio di 31,4 miliardi di euro, di cui solo 5 miliardi di euro dedicati ai PEM, con uno sforzo industriale sul bilancio della difesa del 15,9% in Francia rispetto al 37,5% in Italia.
È vero che in questo settore Roma può contare su due caratteristiche specifiche del Paese. La prima riguarda la struttura del bilancio italiano, in quanto le spese per le attrezzature del Ministero della Difesa sono integrate dal Ministero dell’Industria. Così, dei 4,87 miliardi di euro di stanziamenti per l’equipaggiamento delle forze armate nel 2015, solo 2,37 miliardi di euro sono stati pagati dal Ministero della Difesa, mentre i restanti 2,5 miliardi di euro sono stati finanziati dal Ministero dell’Industria, per sostenere l’attività industriale italiana nel settore della difesa. Se il primo punto è un indubbio vantaggio sia per le forze armate che per l’industria italiana della difesa, il secondo rappresenta un gravissimo handicap, sia oggi che in futuro. Come tutti gli eserciti professionali dell’Occidente, le forze armate italiane hanno difficoltà a reclutare.
Con poco più di 160.000 membri attivi delle forze armate, il Paese rimane proporzionalmente vicino ai 207.000 militari francesi rispetto ai suoi 60 milioni di abitanti. D’altra parte, molti di questi militari non sono disposti ad assumere incarichi impegnativi, come l’imbarco su fregate ed il dispiegamento di forze.
Fonte : Meta-defense.fr